Lo scenario è uno di quelli più accattivanti in cui si possa correre un'ecomaratona. Purtroppo per me l'avventura finisce a metà circa del percorso. La forte contusione all'alluce del piede sinistro occorsa durante il viaggio di andata in nave, infatti, mi costringe ad un ritiro annunciato al 23° Km circa. Durante la traversata per raggiungere Pantelleria, a causa della forte umidità della notte, scivolo su un gradino della scala della nave e sbatto violentemente il dito. Il dolore fortissimo si concretizza in un enorme gonfiore ed un ematoma che rende difficile anche camminare e riduce al lumicino le speranze di prendere il via l'indomani. Il mattino mi sveglio di buon'ora e constato quanto temevo: dopo aver indossato le scarpe, l'alluce fa molto male e la decisione di non partecipare alla gara è praticamente presa. Faccio qualche prova e riesco a camminare meglio, poi abbozzo una corsettina e voglio credere che forse posso partire. Infatti puntualmente alle 8.30 mi schiero sotto l'arco e comincio l'avventura. Nei primi chilometri riesco a correre decentemente ma mi rendo conto che, soprattutto in discesa, non riesco a procedere correttamente. Poggio infatti solo il tallone e l'andatura è molto precaria. Intorno al 14° Km mi sento particolarmente solo: nessuno davanti e nessuno dietro anche in lontananza. Ad un tratto mi si avvicina un ragazzo con la mountain bike. Gli chiedo: "Sono l'ultimo è vero?" Lui mi dice di si e continua a seguirmi segnalando la mia posizione ai vari punti di ristoro. Lungo il percorso incontro Mimmo Patti, uno dei miei compagni di avventura sul Cervino, che, dall'interno di un furgone, mi indica che si è ritirato a causa di un infortunio. La tentazione di fermarmi è forte. Decido di andare avanti, ma l'alluce comincia a farmi veramente male. Sento la scarpa stretta e, ad ogni passo le fitte di dolore aumentano. Arrivo al 23° Km e sono ancora in compagnia di Daniele il ragazzo che mi accompagna con la bici. Decido che non è più il caso di continuare e prendo la fatidica decisione. Comunico la mia intenzione di ritirarmi. Forse a causa della tensione nervosa o forse a causa del dolore sempre più pungente, scoppio in un pianto a dirotto come non mi accadeva da bambino. Mi sdraio per terra ad aspettare la macchina che mi viene a prendere ed abbandono così definitivamente la voglia matta che avevo di terminare la gara. Adesso sono molto triste ma mi rendo conto che, se avessi continuato, probabilmente mi sarei fatto veramente male e avrei compromesso le mie corse future. Così ho conosciuto anche il ritiro ed ho capito in maniera ancor più forte che è importante non arrendersi ma è altrettanto importante avere la forza di fare un passo indietro. Durante il ritorno in auto incontro anche mio fratello Marco che, letteralmente stravolto, mi dice di essere crollato mentalmente e di essersi fermato improvvisamente. Anche lui si ritira ed in auto, come me, raggiunge il traguardo.
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